Risarcimento danni per lavori non terminati.

Allo scadere del 31 dicembre 2023 molti committenti si sono trovati con lavori ammessi al Superbonus ma non terminati.

Come noto, ciò comporta la perdita della detrazione al 110% ed il passaggio alla inferiore del 70%.

Dalla nostra esperienza, spesso l’importo dei lavori di efficientamento è superiore al valore corrente dell’immobile e pari al costo di mercato di un appartamento nuovo.

Ne discende che, la quota residua del 30% rischia di essere particolarmente onerosa ed i committenti potrebbero avere difficoltà a saldarla o a trovare una transazione con l’appaltatore.

La normativa vigente.

Alla base di una richiesta di risarcimento danni per lavori non terminati nei confronti dell’appaltatore, vi sono gli art. 1453 c.c. (risolubilità del contratto per inadempimento) e l’art. 119 d.l. n. 34/2020 (incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici).

Il caso deciso dal Tribunale di Frosinone

Il Tribunale di Frosinone con la sentenza 1080/2023 ha affermato che, se l’impresa appaltatrice ritarda nella conclusione dei lavori, deve risarcire il danno al committente.

Il giudice si è pronunciato sulla richiesta avanzata dal proprietario di una unifamiliare su cui l’impresa appaltatrice, dopo la stipula del contratto, non ha iniziato i lavori.

Il committente, quindi, citava in giudizio l’impresa per ottenere la declaratoria dell’inadempimento, la condanna alla restituzione degli anticipi versati ed al danno subito.

Il Tribunale, dopo aver dichiarato la risoluzione del contratto e condannato l’impresa alla restituzione delle somme ricevute, la ha altresì condannata al risarcimento del danno.

Il punto più interessante della decisione è proprio questo.

Il Giudice, infatti, nella condanna non ha riconosciuto la perdita del beneficio del 110%, bensì quella minore del 10%.

Tale misura nasce dalla possibilità (ipotizzata dal Giudice) di accedere comunque al beneficio del 90% attualmente previsto.

Il Tribunale ha parametrato la misura del risarcimento nella differenza tra la totalità dei lavori appaltati (100%) e la ridotta agevolazione fiscale riconosciuta per legge (90%).

Il caso deciso dal Tribunale di Padova

Nella sentenza n. 2266/2023 il Tribunale adito si è pronunciato in tema di lavori iniziati ma non terminati nei termini utili per poter beneficiare degli incentivi.

Anche in questo caso, il Tribunale, dopo aver dichiarato la risoluzione del contratto, ha condannato l’impresa alla restituzione delle somme ricevute per i lavori non eseguiti.

A differenza del Giudice di Frosinone, ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno.

Secondo il Giudice patavino, l’attore per poter ottenere il risarcimento del danno deve provare l’impossibilità di rivolgersi ad un’altra impresa per terminare i lavori e non solo.

Si afferma in sentenza la non risarcibilità del danno, neanche in via equitativa, in assenza di una perizia di parte che dettagli con precisione l’eventuale perdita economica derivante dalla fluttuazione dei prezzi e dei tassi di interesse genericamente ritenuti da parte attrice lievitati a causa della congiuntura economica creatasi.

Ciò in quanto, sarebbe necessario un preventivo accertamento che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta del danno dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità.

Considerazioni

Le due sentenze in esame hanno dei punti in comune sull’inadempimento e la restituzione delle somme versate per lavori non eseguiti.

Differiscono, però, in tema di risarcimento danni.

L’ultima pronuncia lascia intendere che l’attore debba puntualmente provare non solo l’entità del danno ma anche il nesso eziologico tra condotta e lesione dell’interesse presupposto.

È fondamentale, dunque, a tal fine, istruire correttamente la causa risarcitoria, partendo da contestazioni ben indirizzate all’impresa appaltatrice prima del giudizio e da una perizia che possa provare l’entità del danno.

La sentenza emessa dal Tribunale di Frosinone, invece, riconosce sì il risarcimento danni per lavori non terminati ma lo ancora ad altri elementi.

In particolare, alla differenza tra l’incentivo perso e quello a cui potrebbe accedere il committente, ossia nell’ammontare dei lavori che non essendo detraibili restano a suo carico.

In questo ultimo caso, però, vi è da dire che tale ricostruzione appare opinabile.

Tale quantificazione non è univoca, potendo essere alternativa ad altre ugualmente valide.

Risarcimento commisurato al beneficio del 90%.

Si evidenzia che il risarcimento del danno calcolato sul 10% del valore non prende in considerazione la particolarità che il Superbonus consente un beneficio fiscale del 110%.

Quindi il Giudice, sulla scorta del proprio convincimento, avrebbe dovuto condannare non al 10 ma al 20% del valore complessivo dell’appalto.

Ancora, il danno potrebbe essere sì calcolato in questo modo ma partendo da un presupposto economico differente: quello dell’accrescimento del valore immobiliare.

Infine, la pronuncia in esame non chiarisce quale sia il danno risarcibile nel caso in cui l’attore non sia in possesso dei requisiti utili a beneficiare della aliquota del 90%.

Ricordiamo che quest’ultima è riconosciuta al committente, proprietario di un edificio unifamiliare, con un reddito di riferimento fino a 15mila euro.

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